IN VETTURA COLL’AMICO
E l’amico passeggero in vettura
di sorpresa chiese, calandomi qua:
- Ma a te, che pari assente, come va? -
Me?! Circondato da metalliche mura
mi percepii, mentre una melliflua bolla,
come di sapone lentamente nella testa
si gonfiava, l’occhiaia si faceva pesta,
e mi metamorfizzavo in una molla
ciminiera: ultimo catarroso scarico
di una mal rodata, di cui ero alla guida, macchina,
a cui sia messa e tolta l’elettrica spina
E così, gorgogliando come in panico,
scoppiettai vacuamente una sorta
di immaginifica voglia. E così
un grumo atomico esplose assordante
e il metallo cedette crollando, e così
si manifestò, traspirando, l’infinitamente
umile, desolato, spazio dell’urlato vocabolo, così
detto (e) silente; e il discorso, infine, straripò fluente
L'OTTAVO GIORNO
Rincorro la lepre, a volte
stancamente; a volte
francamente mi giro e corro
in senso inverso,
e mi sembra di scappare
Da chi? Da cosa?
Ma è poi realmente un
fuggire? Sono io che mi
celo dietro la luna?
È qui che si nasconde l’ignavizia,
o non invece un sano riflettere,
anche se in un’apparente pigrizia?
A volte un’altra entità
incarno non sapendo
se nascondo cattiveria o bontà
Come anche la prima entità,
cosa nasconderà?
Ed è lì il punto di aporia
della decisione da prendere
spesso in fretta
Ma in fondo anch’essa
si riduce, sola, ad una
fetta dell’intero pane,
che in fondo in fondo
si cura con cura
senza scoprirne né la cima
né il fondo, nel sogno
di esserne una spora,
in questo Pane enorme
della divina Natura
Senza in fondo mai sentirsi
liberi di correre la radura
appresso a tutte queste lepri
in miniatura che circolano
intorno - quasi vermi nati dalla muffa -,
si è spesso costretti a vivere
solo l’ottavo giorno
DIMEZZATAMENTE
Attendere un avvenimento
come un evento
anche se è
un semplice concorso
accademico, certamente
Attesa …
Me ce ne pervado
E tutto è in semplice
sospensione, anche l’emozione:
un solo unico illuminato fotogramma
di una pellicola in esecuzione
raffigurante una barca al varo
che sta per essere battezzata
dalla classica bottiglia di sciampagna,
tutta circondata
da incuriosita gente di campagna
L’importante
è che la luce in trasparenza
non bruci la sostanza
di questa immagine tremolante
che testimonia così
una predisposizione olimpica
allo scatto
anche se retrocedente
La tensione è massima,
l’equilibrio precario,
ma l’impulso
non lo voglio ancora fornire
è ancora un tremolio nervoso
piacevole, invadente: ottimo
per analizzare e fantasticare
solo con l’ausilio di mezza mente
“solamente”
Scomporre tutto in atomi e briciole,
stagliare tutto: ogni forma, colore ed odore
Percepire il mosaico che assorbe e disperde calore
come una moderna città bruciata dal sole
rammarico oppure sollievo
a seconda della sponda
bagnata dal torrente del pensiero
Coincidenze mancate, oppure
ritrovate, nei meandri
dei trasparenti flussi del ricordo
di cui l’acqua accarezza pietre dure,
mai forse così levigate e pure
da risultare impercepibili;
come se fosse normale
il mai soffermarvisi al pensare,
nella cura della quotidianità
-che forse non ne è che lo specchio –,
a questa maestosità,
che appare lampante
coll’apparire di un raggio abbagliante
di sole, ai saluti di un elegante funerale
affatto formale né sostanziale
E’ forse questa qua – poi –
la lezione che se ne trarrà?:
Al fondo, è morta per me!
Lei lo ha saputo, lo sa o lo saprà mai
che è morta?
E che è morta “solamente”
per te, per me, per noi?
L’ARDERE DELLE LETTERE
per queste stanze
Manto che accarezza come
leggero lenzuolo questo corpo
diffuso nel dormire
questo dormiveglia costante
questo sonnambulismo astante
per il quale non si percepisce
più né confine né passaggio
tra il sonno e la veglia
E pure lo protegge
E intanto la vita
precipita con fragore
non si sa se richiedendo
attenzione testimoniale o
concorsuale partecipazione o
le due insieme senza alcuna compassione
E ora tutto il creato urla;
a partire da quei pantaloni da lavoro,
inquadrati dalle finestre delle stanze,
lì stesi ad oscillare involontari
alla luce della luna appesi
fino al mio cuore che si lagna d’amore
E tutto questo creato che urla
indica un silenzio
mortifero e vivificante
Attratto da questo diverso,
odiai la rumorosa parola,
e amai un silenzio,
ora lo so, impossibile
E questa creatura
che (un attimo fa) era creato
è ora anche scrittura
Dalla padella delle parole
sono caduto nella brace
della scrittura, senza accorgermene,
senza saperlo; conseguenza
inopportuna: la scrittura
serve solo a riscaldare parole!
Ora lo so: è essa un silenzio,
che viene dal rumore, ma non
per annullarlo, ma per alimentarlo;
o forse è un falso silenzio:
semplice strumento atto a partecipare
al concorso per chi testimonia
la migliore attenzione e la miglior memoria,
il miglior silenzio, o, meglio, il più profondo segreto
Insomma mi sono perso e tradito,
e a queste calde leggi sono rimasto bruciato
da scottato Fedele
Si è ormai rea infingibile
la traccia d’amore: rea
Ma qualcosa ho forse imparato:
amori, e non amore;
forse ormai: umori
E forse per umorati amori
dovrei lasciare
queste dialettiche scritture,
esecrabili e o protettive,
venerabili e o vulnerabili
Vorrei avere una piaga
per ciò che ho appena cucinato;
e invece viene alimentao e assimilato
Ciò che pare proprio non creato,
sia che astia sia che scriva,
pare proprio il silenzio beato
E dunque,
ormai,
nel silenzioso,
non resta che ascoltare
il manto di scrittura
avvolgere il creato
RES NULLIUS
Imponente questo corso conduce
all’enorme tempio che si staglia
sullo sfondo; a destra e a sinistra
s’innalzano e svettano obelischi
verso l’azzurro scurissimo del cielo
È notte, e pare d’essere circondati
d’enormi e cerulee candele accese
Qui, riparati dai porticati, dei dormienti,
stesi su cartoni a terra, s’incontrano spesso
avvoltolati in colorate coperte spesse
e sui loro parchi beni accovacciati
Alcuni ubriachi, rivoltandosi agitati
per i freddi sogni del freddo sonno,
li hanno sparpagliati; a volte, spesse
volte, vengono lecitamente derubati
Ma uno si era seriamente premunito
facendo sapere con una scritta
marrone su un cartello di cartone
appoggiato vicino al suo sinistro piede:
“Chi ruba ad un ubriaco
è un figlio di puttana
Chi ruba ad un dormiente
compie un’azione malsana”
Gli indifesi possono credere
che le lettere siano più forti
di qualsiasi fisica contromisura
avvolti e coloratamente coperti
I lampioni obelischi accesi
come candele indifferenti
continuavano a vegliare
sui dormienti e su me vegliante
forse di loro poco più potente
che a mo’ di monumenti
lascio e lego questi scritti
dormienti e indifferenti
Res nullius gli scritti e i monumenti,
che non sono degli atti violenti più forti,
ma, sicuramente, sono più resistenti
LA BREZZA AZZURRA
Una leggera brezza azzurra
respirava attorno mentre noi
si passeggiava sulla rena bagnata
al limite di mare e cielo e terra
L’orizzonte non si fermava
né si chiudeva da nessuna
parte e lo sguardo spaziava
senza bisogno d’immaginazione
perché tutto era chiaro e lampante
Accanto alle palme
sotto le palme dei piedi
scricchiolavano conchiglie
e senza alcuna meraviglia
mi indicasti che le tessere
di quel naturale mosaico
rappresentavano esattamente
il mosaico divino indescrivibile
ma solo percepibile singolarmente
quando il ritmo del respiro
si accorda a quello della mente
che si armonizza con quello
del vento imbelle
La leggera brezza azzurra
cominciò ad accarezzare
i miei capelli e la mia pelle
TRA NOI
Mentre si discuteva di questi argomenti
gli ultimi annuvolamenti
ben delineati dalla perfetta luce
del profilo dell’imbrunire
si allontanavano:
masse plumbee nell’indaco del cielo
INNO
Una poesia è il riflesso migliore
dell’ormai posto e lucido Specchio
ormai così rimirato e rimato, ad ore,
da esser consunto, macchiato e vecchio
Questo è il mio dio: lo Specchio
che non può essere meglio onorato
che con l’offerta di un secchio
profondo quanto un oscuro pozzo
Questa la vorticosa spirale,
l’eterno istante presente,
che si intravede al centro di quell’occhio
gonfio di magia giocosa,
a volte tragicamente noiosa,
che lampeggia al di là di un mondo
abbigliato luttuosamente a sposa
là, proprio là: in dentro lo Specchio
davanti al quale prego in ginocchio
Cosa volete che questo variare sia
se non un inno alla Poesia,
a quell’attività infinita
tra le cui righe meglio si può scrutare
quella pazza superficiale
profondità dello Specchio?
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