NuDi VeRMi - opera scritta - estratto

                                          Matia Chincarini - Testolin





CAVALIERE NEL VENTO
Come seni turgidi di corpo
percosso dai brividi del freddo

si ergevano le cupole di questa

gigantesca città fra le brumose

lontananze di fitta e leggera

pioggia incessante, che incessante

pungeva mentre mi aggiravo

su di un suo ventre umido e molliccio,

con solo l’ombrello come rifugio

Da bagnate superfici, filiformi

i lampioni s’innalzavano, in esse

conficcati a mo’ di spilli, come

se l’organismo urbano fosse

ad una seduta di agopuntura

per la depurazione di tossicità

Appena appena gli aghi di pioggia

apparvero, guardando controluce,

grazie all’occhio in cima all’enorme

spillo; ed improvviso un refolo

agitò l’acqua, e per un attimo

apparì, avvolta in un mantello

di vento, la figura fantasmatica,

appena sbozzata, di un cavaliere

Uno di quei mitici cavalieri

che rivengono da memorie

così lontane che paiono ere;

uno di quei mitici cavalieri

forti nelle armi e ricchi di amori

capaci di uccidere

                           e di gentili maniere

Mitica, fantastica, la figura

scostò la impalpabile mantella,

liberando, in brusio di lieve

farfalla, uno strano scintillio,

il quale, svanendo, si portò appresso

l’insieme della magica apparizione;

che dunque scomparì veloce come

quegli istanti dell’effimera

e dell’esuberante felicità

ai quali a volte con l’ombrello

ci si fa da schermo

Abbassai lo sguardo sul lastricato

durissimo, non più umido ventre;

mi allontanai e ripiegai

l’ombrello, affinchè gocce di pioggia

rigassero abbondanti il volto

per mimetizzare quelle lacrime

attestanti che un immenso poco

                è già un intenso molto



UNA FANTASTICA LEGGENDA
 
A volte ironicamente ridendo,

altre sornionamente sorridendo,

altre ancora comicamente

e talvolta tristemente,

da laddove tutto si confonde

in saporita e masticata fusione,

ancora più in dentro

del canale dell’antro che canta,

collo stomaco immagino,

e mi rappresento

la testa come una basilica

nel cui cervello a cappella

lottano senza sosta,

a fil di spada e a suon d’insulti,

dei bianchissimi scheletri

e delle donne di specchi e vetri,

come in una fantastica leggenda

che parla d’amore e delle sue gesta




LA FALENA

Visibilissime erano le stelle,

in quell’angolino del globo

così debolmente illuminato

che esse risplendevano vivissime,

mentre noi amabilmente si chiacchierava

tra noi causando dell’atto di sodomia

- che il solo chiamarlo così ne toglie tutta la poesia -

che, ecco, un’improvvisa sorpresa

ci colse entrambi, facendoci sospendere

ogni nostra attività, e rimanemmo

un istante là, esattamente come le stelle

che sbrilluccicano perché stupite di affacciarsi

dal niente: il più che particolare

si tramutò nel più che universale,

nell’ottica dell’antropomorfa metaforica

metafisica: una di quelle farfalle

notturne, dette falene, che al calare

della sera si fiondano disorientate

verso una fonte di luce o di calore,

ecco, che sbandando si buttò a capofitto

verso la nostra romantica candela

Subito si sparse un forte odore di fritto:

la farfalla ci aveva rimesso un’ala

e subito precipitò nella letale cera
 

E così al buio si passò

mentre era ancora sera
 

Con orrore in me mi reincarno,

traslandomi dall’osservazione

di quella buia e nuda farfalla,

e mi chiedo se lei è scema …

poi mi ritraggo e mi chiedo,

colorato, se non sono io

un abbigliato codardo




AMMANETTATAMENTE
 
Spontaneità e cuore

Sincerità e ragione

Qual è l’assonanza giusta

con amore e quale

con passione?

Come al solito pare

un gioco di

contraddizione


Sogni di manette

nel principio della

passione che limiti

non mette: è un volo

magnifico, un colpo

d’occhio tondo

che riflette la totalità

del mondo in

assenza di riflessione, in

assenza di contraddizione
 

Sogni in manette

nel principio della

ragione che i limiti

li mette: uno strano

gioco di fantasia

che si mischia a

una aspettativa, senza

che in fondo nessun

motivo vi sia, assenza

positiva di opposizione
 

Ma quanto odio in fondo,

nel fondo del mio io,

la richiesta di un gesto

sincero che non sento mio

Mio è solo lo spontaneo

gesto, non quello sincero?

Come al solito pare

il gioco di trovare,

nel mezzo

della giusta illusione

che permetta un insolito equilibrio

tra i vari tipi di contrazione:

spontaneità e sincerità,

passione e amore,

cuore e ragione;

forse, insomma, umore!
 

Ecco forse così risolto l’enigma, di cui

ai polsi, con orgoglio e rassegnazione,

ancora porto le profonde stigma




TENTAZIONE O DESIDERIO?

Abbandonato ormai alla risacca

del mare del pensiero, senza mai

prestare attenzione, la mia sacca

da spiaggia con cura preparai
 

Seguitando a pensarti, mio caro

pensiero, duramente eccitato,

mi condussi, evitando stecchiti

fiori di buganvillea a fili

di ragnatela appesi, e portando

enormi pesi rotondi fra le cosce;

mi portai verso sentierini a gradini

degradanti verso la battigia
 

Già da principio il ribollio

bianco e il fragore del mare

ipnotizzarono il mio cavo io,

che ipotizzando si chiese se eri tu

che m’inducevi in tentazione

o ero io o era quel pensiero,

che fu già un insano desiderio,

o sano, desiderio, desiderio di te
 

La voglia, inappagabile,

di vederti comparire, improvvisa,

allegra come un’adolescente

in costume azzurro spezzato,

saltellante verso di me sulla rena

bagnata, ad offrirmi quel fiore, spesso

appassito, ma che sboccia mensile,

a cui tanto tieni, e che credi

fermamente il dono migliore

per me; questa voglia non sbollì

nemmeno quando mi feci il bagno

nel freddo schiumoso e salato
 

Solitaria rimase, purtroppo,

la selvaggia spiaggia;

e ancora me ne compiango,

e, ancora sospeso nei dubbi,

ancora ne languo e me ne lagno




LE COLONNE DEL DUBBIO
 
Azzurre come fiamme nella luce blu

le bianche colonne tremolavano

fredde in più punti sbeccate

a protezione del più sacro

tabernacolo (abbracciandolo

come in calda gabbia) del più misterico

tempio, poco più avanti noi;

mentre noi, avvolti su noi

dalla dolce puzza acre

di una vita sporcatamente

vissuta negli ultimi inebrianti

fluidi al limite del crepuscolare

(insomma un forte odore di sudore);

noi, ci facemmo accarezzare

dal lieve soffio della purulenta

e adamantina serale che divinava

enigmatica, seraficamente,

sibillando chiedendoci:

“Avverrà che in tempo maturità

uomini già vecchi oscilleranno,

spiazzati, fra due risalenti verità:

ama il prossimo tuo come te stesso; e:

ai cieli arrivò dimenticando se stesso”
 

Ci graffiò questo canto immobile

lievemente sussurrato

Ci graffiò come forte folata

su spiaggia sabbiosa desertificata

Almeno a me sicuro, non so a te, amico,

a me, dimentico;

al me che non amo come non amo

il prossimo mio; a me,

io, che incarno perfettamente

quello che reprimo: io e me stesso

Io, ne rimasi segnato!

Qui la contraddizione della divina

sua lezione, per cui dolore e godere

sono intrecciati al piacere
 

Le colonne del misterico tempio

vergognosamente avvamparono

per l’impudico rosso segreto

di questa deifica profezia




ALI D’OSSA
 

Finito l’astratto

studio masturbatorio

piombo nel biancore

di questa molliccia stanza
 

Necessario aprire

l’ermetica imposta
 

Fertile vento freddo entra

Nell’antro e incostante delinea

i profili nascosti della faccia
 

Volto affacciato osserva il confine

fra terra e mare segnato

da un campo di pallacanestro

di umida e morbida sabbia molliccia

Orecchio è inondato

dagli incessanti frastuoni

dell’accavallamento dei cavalloni
 

In alto la lama sorridente

della luna luminosa

pare con comodo affettare

morbide scie nuvolose

All’orizzonte lampare

In basso una folla

di rossi manichini

dagli occhi gialli

che spostati dal vento

percossi pare vogliano

spossati camminare
 

Si rigonfiano i polmoni

dell’acre odore dell’aria

impregnata di acqua salmastra

e il desiderio comincia

lento a veleggiare
 

Desiderio di vicenda carnale

Ma adesso

in questa falsa solitudine

di specchio illuminata

da un fioco azzurro spettrale

le vele del desiderio

le ali del sogno

non fanno una mossa
 

Queste ali non sono piumate

non sono di gesso

ma pesanti come ossa

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