L’ATTESA
S’innalza, la monolitica bottiglia,
come da innumerevoli ere,
non solitaria, su questo tavolino,
ingombrato di tabacchiere,
sciarpe, libri e accendino
Disotto il tavolino si spalma
un nero asfalto: la lunga
piazzetta, che pare una via,
accoglie chioschi, gente
in chiacchiere alla chiusura
dei negozi, cani scorazzanti,
altri tavolini e poi, più oltre,
il brusio assordante
del fiume di vetture
incolonnate: la solitudine
è sempre più schiacciata
sullo sfondo – come quasi sempre,
in questo mondo clamante;
e Attentamente attende
che dopo il tramonto
arrivino le stelle; e te,
gravida di allegria,
di novelle e di promesse
scommesse
L’UTILITÀ DELLO SPRECO
Si accavallano e si susseguono
brillanti e ballanti chiaroscuri
vuoti e pieni e pieni e vuoti
bicchierini di fumosi
e aromatici tabacchi
si accavallano e si susseguono
silenziosi come danzanti orazioni
che brumose bruciano gli occhi
ardenti di brace oppiacea
Insieme ognuno nelle proprie
solitarie solitudini imballate
in sottili teli di seta si attende
la cortina velata del mattino
azzurra e sembra che le stelle
escano scintillando dalla gola
come le monete danzate d’oro
di mano in mano nel corso
della notte fino all’aurora
Sembrerebbe un’inutile dispersione
di sprechi sognando agli specchi degli
assenti
quegli assenti sulla storia del pianeta
moribondi morenti
Ma questo barcollo serve proprio
a obliare quel male
il ricordo del quale
nell’attiva vita diurna
spesso ci assale
Questo saltuario e saltellante barcollare
ci aiuta a non mollare
nella lotta altalenante dell’assalto
per attendere il falso bisogno
ed altri far morire di fame
È tutto questo una fanfara di sogno?
Bere Bere Bere
Bruciare Bruciare Bruciare
Fumare Fumare Fumare
Spreco generale
Utile particolare
Per continuare a continuare
Per continuare a danzare Occidentale
Per continuare senza soluzione a ballare
e a
brindare
ALCOLICAMENTE
AMBIGUI FRA RISO E PIANTO
Osservo,
bevendole, le istituzioni;
e
subito singulti cominciano
a
farsi sentire, sinceramente;
singulti
di intense e tenere commozioni
cerebrali,
che, celebrando, preludiano
ai
singhiozzi, sicuramente
anche
ad un inciampo, delle azioni
tese
e indecise fra il riso e il pianto
Mentre
mi alcolizzo ai banconi
di
un bar, ripenso a te, l’altro,
a
ieri, che si discuteva, nell’antro amaranto,
dell’istituzione
del Noi e della conseguente,
frutto
di stanca paura difficoltosa e diffidente,
commozione
pietosa fra il riso e il pianto
In
comune fra i due il singulto del singhiozzo,
né
triste né allegro, ma: e acceso e spento,
aritmicamente,
nella profondità del gozzo
A
volte vorrei che i singhiozzi tregua
non
dessero per non poter più parlare
in
modo che apparentemente niente consegua
MOTIVETTI
Come acqua in letto fluviale,
frastagliato per dure rocce,
il vento stasera scroscia come pioggia
fra lunghi rami e scolorate foglie;
e talvolta mi ricorda il traffico
che da lungi si ode cittadino
da una finestra che sulla strada
illuminata luce non ha
E da lontano questo fruscio,
questo lontano risciacquio, questo brusio,
così lontano che pare antico,
così nuovo, così prolifico, così pacifico;
mi rimmemora un riproduttore
che musica una vecchia
canzone e di amore e di dolore
che però ancora per tutti canticchia
LA CROCE DI RIZ
Nel corso di alcuni
momenti
durante le
quotidiane venti-
quattro ore; quei
momenti
in cui spezzo integri
ossicini
per poi ricomporne
di sani
da ridurre, dopo, in
frantumata cenere
mentre incorporo
polverosa brace
ardente;
in questi momenti
spesso mi
accompagna,
come segno araldico
di conquista,
una croce dorata su
sfondo azzurro:
la croce di Riz
Ed è sotto l’ausilio
di questo bordone
simbolico
che la lotta del
sogno in veglia
si dichiara come
mia.
VENTI
Praticando gomitoli di strade,
torte per curve a gomito,
scavalcammo delle montagne
piriche sferzate da un vento
violento, laddove la lava si fonde
al ghiacciaio; vento che ci scompigliava
i capelli sciolti e ravvivava
quel primordiale fuoco minerale
Attraversammo linee di confini
apparenti, attraverso quelle strade
a ghirigoro come calligrafie,
inseguiti da serpenti di tuoni,
per ripararci qua, in questo
labirinto costruito sulla riva
dei mari, rigonfi di allegrie
correnti e di tormenti alla deriva
Ora, c’è chi riposa a occhi
chiusi, e c’è chi apertamente gioca
a nascondino correndo fra i muri
bucati dalle finestre con poca
luce
Da una di esse mi sporgo
collo sguardo ad osservare
sparuti ramoscelli spogli
di foglie, che pare vogliano
spiccarsi e prendere il volo
come stormo di uccelli,
tutte assieme, quasi cantassero
in coro
Mi ero già scalzato
le scarpe, affaticate, per sprofondare
nelle sabbie morbide della comoda
poltrona, avvolto dal fumo sottile
della sigaretta, e coccolato
da una calda tazza
di bollente caffè,
a riposarmi dell’intenso tragitto,
a chiedermi cosa mi aspetta
e a che cosa tendo,
guardando stupito in faccia
la verità, e mi contento
Dopo tutti questi contorti
superamenti, una strana
quiete di fiducia nel futuro
si diffonde languente fra i tepori;
ma anche sono sicuri,
i miei pazienti torpori,
che il fondo della tazza di caffè,
striato da venti polveri brune,
dalle innumerevoli sfumature,
del mio avvenire, probabilmente,
ne sa più di me
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